La sigla NGF sta per “Nerve Growth Factor”, cioè “fattore di crescita nervoso”. È una proteina molto speciale che il corpo produce per aiutare cellule nervose, ma anche tanti altri organi e tessuti, a funzionare bene. Ecco, in parole semplici, tutto ciò che NGF fa per noi.. e per gli amici animali:
1. Protegge i nervi
NGF è indispensabile per far nascere, crescere e mantenere in salute i nervi che portano la sensibilità (come il tatto, il caldo, il dolore) e quelli che controllano il cuore, i vasi sanguigni, lo stomaco e altri organi.[25]
2. Aiuta i nervi a ricrescere
Quando un nervo viene danneggiato, NGF lo stimola a ripararsi. Fa crescere nuovi prolungamenti nervosi e aiuta a ristabilire i collegamenti tra le cellule. Questo è importante per recuperare dopo un incidente o un’operazione [25, 26].
3. Protegge la memoria
NGF è fondamentale anche nel cervello, dove aiuta i neuroni collegati alla memoria, all’attenzione e all’apprendimento. È particolarmente attivo in zone colpite da malattie come l’Alzheimer [25, 26, 27].
4. Regola sostanze che fanno sentire dolore
NGF controlla la produzione di alcune molecole (come la sostanza P) che servono a farci sentire il dolore. Se ce n’è troppo, il corpo diventa più sensibile; se manca, rischiamo di non sentire nemmeno il pericolo [25].
5. Protegge il cuore
NGF tiene in equilibrio i nervi che controllano il battito cardiaco. Se manca, possono comparire aritmie o altri problemi gravi al cuore[28].
6. Ripara i muscoli dopo uno sforzo
Dopo una corsa o uno sforzo intenso, i muscoli si infiammano un po’. NGF aiuta a ripararli e a farli tornare come prima [28].
7. Fa nascere nuovi vasi sanguigni
Se c’è una ferita o una zona poco irrorata, NGF aiuta a formare nuovi capillari. Lo fa direttamente o “chiamando” altre molecole, come il VEGF, che sono esperte nella creazione di vasi [29,30].
8. Fa guarire meglio la pelle
NGF stimola le cellule della pelle (i cheratinociti) a muoversi e moltiplicarsi. Questo aiuta le ferite a chiudersi prima, anche in casi difficili come ulcere, piaghe o bruciature [29,30].
9. Limita la cicatrizzazione “malata”
A volte il corpo produce troppo tessuto cicatriziale, che può diventare fibroso o rigido. NGF può aiutare a fermare questo processo, facendo “morire” le cellule che creano troppa cicatrice [31].
10. Regola le difese del corpo
NGF parla con le cellule del sistema immunitario, come linfociti, mastociti e macrofagi. In questo modo contribuisce a rendere più efficace la risposta del corpo contro infezioni o infiammazioni [28,32].
11. Aiuta a regolare gli ormoni
NGF agisce anche su organi che producono ormoni: il pancreas, l’ipofisi, le ghiandole surrenali. Questo lo rende importante anche per il metabolismo, la glicemia, e la risposta allo stress [28].
12. Lavora anche negli organi interni
Non agisce solo sui nervi e sulla pelle. NGF lavora anche in rene, vescica, polmoni e intestino, dove regola sensibilità, difese e infiammazioni locali [28].
13. Aumenta la sensibilità al dolore
In caso di infiammazioni, NGF può rendere i nervi più sensibili e “abbassare la soglia del dolore”. Questo serve a proteggere le zone danneggiate, ma se fuori controllo può portare a dolore cronico [33].
Una favola macabra, un esperimento mentale sulle conseguenze visibili di una perdita silenziosa
Il giorno in cui l’NGF smise di parlare al corpo
È arrivato il momento di fare un esperimento mentale. Se il lettore mi ha seguito fin qui, ora conosce, almeno a grandi linee, le principali funzioni attribuite alla molecola NGF. Probabilmente ne esistono anche altre: alcune già documentate in letteratura scientifica, altre ancora in fase di studio. La scienza, del resto, non custodisce la verità: indaga, esplora, mette alla prova ipotesi con metodo.
Con questa consapevolezza, possiamo ora provare a immaginare uno scenario estremo. Cosa accadrebbe se l’NGF sparisse del tutto dal corpo? O se la sua presenza si riducesse drasticamente?
Conoscendo i suoi ruoli — nella protezione dei nervi, nella riparazione dei tessuti, nella regolazione del dolore, della risposta immunitaria e di molti altri processi vitali — possiamo cominciare a intuire quali effetti potrebbe avere una sua assenza. Cosa succederebbe al corpo? Come si comporterebbe il sistema nervoso, la pelle, il cuore, gli organi interni? E cosa potremmo osservare in un paziente, nella pratica clinica?
Proviamo a rispondere con logica, partendo dalle evidenze già raccolte e seguendo un ragionamento coerente.
Seguiamo un percorso graduale: partiamo dagli effetti locali, sistema per sistema, e solo dopo proveremo a immaginare cosa accade quando tutti questi cambiamenti si sommano in un unico organismo.
1. Sistema nervoso periferico e centrale
Il sistema nervoso è una rete vastissima di fili, sensori e centraline. Ci aiuta a sentire il caldo, il freddo, il dolore, a controllare i movimenti, a mantenere il cuore in ritmo, a digerire, a pensare, ricordare, scegliere. L’NGF, in tutto questo, è come un elettricista e un meccanico insieme: protegge i cavi, ne ripara i danni, mantiene tutto attivo.
Neuroni sensoriali e simpatici Questi sono i nervi che sentono e che regolano funzioni “automatiche” come la pressione o la sudorazione. Senza NGF, questi nervi si consumano, degenerano, perdono il contatto. I segnali diventano deboli o si interrompono. Molecole come la sostanza P, fondamentali per sentire il dolore o per infiammare un tessuto quando serve, calano bruscamente. Il corpo si spegne, pezzo per pezzo, ma in modo silenzioso. 🔴
Plasticità neuronale
Il cervello e i nervi si adattano: imparano, cambiano, si modellano sulle esperienze. Questa capacità di “modificarsi” si chiama plasticità. L’NGF è uno degli ingredienti fondamentali di questo processo. Se manca, il sistema nervoso perde elasticità. Non impara più. Non recupera.
Sviluppo fetale
Studi su primati hanno mostrato che, se l’NGF manca durante la gravidanza, il sistema nervoso del feto si sviluppa male. Alcune zone restano incomplete, altre si formano in modo anomalo. L’NGF, insomma, è una specie di architetto della rete nervosa fin dalla vita prenatale. Senza di lui, il progetto non si compie.
2. Sistema cardiovascolare
Il cuore non è solo un muscolo che batte da solo: è guidato, sorvegliato, modulato da una rete nervosa molto precisa. L’NGF contribuisce a mantenere questa rete viva e ben regolata, in particolare quella parte “automatica” che si chiama sistema simpatico.
Se l’NGF comincia a mancare, l’equilibrio tra le spinte che accelerano il cuore (come quando siamo sotto stress) e quelle che lo rallentano (quando ci rilassiamo) può saltare. Il cuore può diventare instabile: troppo lento, troppo veloce, o improvvisamente irregolare. 🔴
In certe condizioni, soprattutto se c’è già una fragilità o una malattia nascosta, questa instabilità può avere conseguenze gravi, anche fatali. L’NGF, in questo scenario, è come un tecnico che tiene in equilibrio i comandi: senza di lui, le istruzioni arrivano confuse.
3. Muscolo scheletrico e infiammazione
Dopo uno sforzo, una corsa, una salita, o un piccolo trauma, i muscoli entrano in una fase di micro-infiammazione: è normale, fa parte del processo di adattamento e crescita. L’NGF partecipa attivamente a questo meccanismo: aiuta le cellule a ripararsi, modula l’infiammazione per non farla esplodere, favorisce il ritorno all’equilibrio.
Se manca, il muscolo potrebbe faticare a riprendersi. La riparazione rallenta, i piccoli danni si accumulano.
A lungo andare, la fatica diventa cronica, il dolore rimane, la forza si riduce. 🔴
È come se dopo ogni sforzo mancasse il personale addetto alle riparazioni.
4. Vascolarizzazione e guarigione
Ogni volta che c’è una ferita — sulla pelle, negli occhi, sulle mucose interne — il corpo ha bisogno di costruire nuovi vasi sanguigni per nutrire i tessuti e portare cellule di riparazione. Questo processo si chiama angiogenesi, ed è una delle meraviglie silenziose del corpo. [11]
L’NGF, insieme ad altre molecole come il VEGF, è una delle scintille che accendono questo processo. Quando è presente, la guarigione avanza. Quando è carente, tutto rallenta: la ferita resta aperta più a lungo, il tessuto si riforma male, il rischio di infezione o cronicizzazione aumenta.
È come provare a rimettere a nuovo una casa danneggiata senza acqua corrente e senza elettricità: anche con i migliori operai, il cantiere non procede.
5. Sistema immunitario ed endocrino
Il sistema immunitario è il nostro esercito personale: ci difende da virus, batteri, cellule impazzite. Il sistema endocrino è il sistema di messaggeri chimici che regolano quasi tutto: fame, stress, crescita, energia, sonno. L’NGF, anche se spesso etichettato solo come “fattore nervoso”, gioca un ruolo importante in entrambi questi mondi.
Sul fronte immunitario, NGF dialoga con cellule come i mastociti (quelli delle allergie), i linfociti (le truppe d’élite) e le cellule che mostrano ai soldati cosa attaccare. Senza NGF, le difese diventano confuse🔴: in certi casi troppo deboli (e si ammalano facilmente), in altri troppo aggressive (e attaccano parti sane del corpo: autoimmunità).
Sul fronte ormonale, l’NGF regola il buon funzionamento di alcune ghiandole-chiave: l’ipofisi (il “direttore d’orchestra”), i surreni (che producono il cortisolo, l’ormone dello stress) e il pancreas (che controlla la glicemia). Se viene meno, si possono verificare squilibri su più fronti: alterazioni della risposta allo stress, problemi glicemici, disfunzioni tiroidee, cambi di peso o di energia non spiegabili.
Quando immunità e ormoni vanno in tilt insieme, il corpo entra in una fase fragile, invecchia più in fretta e diventa terreno fertile per malattie croniche e infiammazioni che non si spengono mai.🔴
6. Rimodellamento tissutale e fibrosi
Ogni volta che un tessuto si danneggia, il corpo cerca di ripararlo. In questo processo entrano in gioco cellule speciali chiamate miofibroblasti, che funzionano un po’ come muratori: chiudono la ferita, producono collagene, ripristinano la struttura. Ma poi, come ogni buon cantiere, devono andarsene. E qui entra in gioco l’NGF: aiuta a spegnere il cantiere quando non serve più.
Se l’NGF manca, questi muratori restano sul posto, anche quando il lavoro è finito. Continuano a costruire e cementare, ma fuori tempo. Il risultato? Tessuti che diventano rigidi, spessi, meno funzionali. Questo fenomeno si chiama fibrosi, e può colpire i polmoni, il fegato, il rene, l’occhio. In alcuni casi è irreversibile.
In più, l’NGF regola anche il bilanciamento tra infiammazione e formazione di nuovi vasi (vedi punto 4). Se salta questo equilibrio, si creano ambienti favorevoli alla fibrosi: un’infiammazione che non si spegne, con poco ossigeno e troppa rigidità. Il rischio è che una semplice lesione o un’infiammazione banale si trasformino in un danno permanente. [12]
7. Organi emuntori e sistema digerente
Ci sono organi nel nostro corpo incaricati di eliminare ciò che non serve: reni e vescica filtrano e espellono liquidi e scorie; l’intestino gestisce ciò che resta del cibo. Tutti questi organi sono ricchi di fibre nervose sottili, sensibili, che regolano la motilità e la percezione interna. E anche qui l’NGF ha un ruolo chiave.
Nei reni e nella vescica, l’NGF modula la sensibilità interna, cioè quanto e quando sentiamo lo stimolo a urinare. Se viene a mancare, questa regolazione si spezza: si può andare troppo spesso in bagno, o troppo poco. In certi casi si perde il controllo, in altri non si svuota bene la vescica. Sono condizioni comuni ma spesso sottovalutate.🔴
Nel sistema digestivo, l’NGF partecipa al controllo dei movimenti intestinali, della secrezione, della sensibilità viscerale. Se si altera, possono comparire sintomi come gonfiore, dolore addominale, diarrea alternata a stitichezza — anche in assenza di vere lesioni. Quello che chiamiamo “colite nervosa” o “intestino irritabile” può avere molto a che fare con squilibri legati al sistema nervoso e all’NGF.
Quando questi problemi si sommano alla perdita di coordinazione nervosa e immunitaria, si entra in quadri più complessi, come le disautonomie viscerali.🔴 Situazioni in cui il corpo non riesce più a gestire bene ciò che è automatico — ma che pesa moltissimo sulla qualità della vita.
Uno sguardo d’insieme
L’NGF è una delle molecole che rendono il corpo un sistema vivo, dinamico, capace di risposta. Quando comincia a mancare, non si rompe un solo ingranaggio: cambia il modo in cui tutto l’insieme si comporta.
Non parliamo più di singoli organi o apparati, ma dell’organismo nel suo complesso. Il corpo intero perde lucidità biologica. Diventa più lento ad adattarsi, più confuso nei segnali, meno pronto al cambiamento. La risposta agli stimoli esterni si appiattisce. Le transizioni — tra giorno e notte, tra calma e stress, tra attività e riposo — si fanno meno fluide, come se mancasse un’interfaccia tra dentro e fuori.
Anche il comportamento cambia. Il movimento si fa più cauto, più economico. Le espressioni facciali diventano meno reattive. I riflessi, più lenti. Il dolore, quando c’è, è spesso diffuso, mal localizzato, oppure assente dove dovrebbe esserci. Si dorme male, si digerisce peggio, si regola con fatica la temperatura interna. La persona sembra in costante leggera disarmonia.
Chi osserva dall’esterno potrebbe non notare subito nulla di clamoroso. Ma col tempo, percepirebbe qualcosa di sottile: una perdita di ritmo, una riduzione della prontezza, un corpo che sembra sempre un po’ in ritardo rispetto alla vita. Un organismo che reagisce meno, ripara meno, apprende meno. Che se anche non è ancora malato, non è più pienamente vivo.
È questo, forse, uno degli esiti più silenziosi e inquietanti della mancanza di NGF: non tanto un guasto specifico, quanto la perdita diffusa di vitalità.
E i pallini rossi ?
Nel capitolo precedente, dedicato all’esperimento mentale su cosa accadrebbe a un paziente in cui l’NGF fosse ridotto al minimo, avevo inserito dei “pallini rossi”. Ebbene, quei pallini corrispondono a sintomi che ho effettivamente riscontrato in animali trattati con anticorpi monoclonali. È chiaro che si tratta solo di un’indicazione suggestiva, non di una prova, soprattutto considerando che i miei pazienti non sono rappresentativi della popolazione generale.
Tuttavia, resta un elemento che, nel rispetto del principio di precauzione (“primum non nocere”), non posso ignorare.
Per questo motivo l’uso di questi farmaci dovrebbe essere solo un’estrema ratio, riservata a pochi casi accuratamente selezionati: animali molto anziani, con osteoartrite cronica diagnosticata con certezza, che non hanno tratto alcun beneficio da ogni altro approccio terapeutico — inclusi agopuntura, fitoterapia, omeopatia — laddove, indipendentemente da ogni visione personale, prevale l’obiettivo di offrire al paziente una migliore qualità di vita.
Trovo affascinante il concetto di terapie mirate, ma al tempo stesso lo reputo pericoloso. La ragione è duplice. Da un lato, non possediamo ancora una visione integrata e profonda del funzionamento dell’organismo animale nel suo insieme. Pensiamo alle scoperte recenti sul sistema endocannabinoide, sul microbiota o su alcuni meccanismi endocrini: si tratta di conoscenze consolidate solo negli ultimi vent’anni.
La medicina moderna, così come la intendiamo oggi, ha origini relativamente recenti. Gli antibiotici per guarire dal colera, per esempio, furono scoperti negli anni ’40 del Novecento. E per molti farmaci oggi di uso comune, ancora non conosciamo completamente il meccanismo d’azione.
E non sto parlando di omeopatia, ma di molecole largamente impiegate nella medicina convenzionale. Per questo motivo, ogni volta che si tenta di intervenire su un singolo bersaglio con un unico farmaco — il cosiddetto “proiettile magico” di Paul Ehrlich — occorre una cautela estrema. Anche perché, se si conosce la storia dell’opera lirica che ispirò Ehrlich, si sa che quel proiettile magico è carico di ambiguità e rischi: può colpire il bersaglio, ma può anche tradire chi lo usa.
L’altra lezione che si può trarre da questa vicenda riguarda il rapporto tra salute ed economia. La salute non dovrebbe mai essere subordinata all’interesse economico. Purtroppo, nei processi di ricerca e autorizzazione dei farmaci veterinari, spesso non si seguono gli stessi criteri rigorosi applicati alla medicina umana.
Gli anticorpi monoclonali anti-NGF, mai approvati per uso umano a causa dei rischi osservati, hanno ricevuto autorizzazione veterinaria attraverso procedure accelerate e semplificate. La maggior parte degli studi registrativi è stata promossa, finanziata o eseguita direttamente dall’azienda produttrice. La mancanza di studi indipendenti è, a mio avviso, una grave carenza.
Ora, a distanza di cinque anni dalla loro introduzione, anche in Europa si iniziano a rivedere i foglietti illustrativi: la farmacovigilanza post-marketing ha evidenziato eventi avversi che stanno modificando il profilo di sicurezza dei prodotti. Si è passati da una dichiarazione di assenza di effetti collaterali a un elenco di reazioni avverse, alcune delle quali gravi, con indicazione della frequenza. Ma ci sono volute 18 milioni di dosi somministrate prima di questo aggiornamento.
E se anche un solo evento si verificasse ogni 10.000 somministrazioni, su 18 milioni parliamo di un numero rilevante di animali coinvolti. Questo non può e non deve essere sottovalutato.
Credo che tutti — veterinari, liberi professionisti, istituzioni e cittadini — dovremmo vigilare con attenzione. Le informazioni vengono pubblicate, ma in pochi si prendono il tempo di leggerle. Ci si ferma spesso alla copertina della rivista, senza aprirla. E invece serve consapevolezza. Serve lo sforzo di studiare.
Per scrivere questa monografia ho letto e studiato moltissimo, ho approfondito aspetti che prima avevo solo sfiorato. Ho iniziato a raccogliere materiale tre anni e mezzo fa, e ogni ritaglio di tempo libero è stato dedicato a questo lavoro. Ho scritto fino a notte fonda, per settimane. Lo dico soprattutto ai colleghi liberi professionisti: questo mestiere è faticoso, una missione, richiede presenza, partecipazione e aggiornamento continui. Ma proprio per questo, non possiamo limitarci a ciò che ci viene detto, anche quando è detto in buona fede. Dobbiamo andare alla fonte, verificare gli studi, capire i meccanismi, le sigle, i concetti. Nessuno nasce imparato.
Solo così — come mi dicevano i miei professori di Farmacologia — possiamo diventare, e restare, medici veterinari. Altrimenti, rischiamo di essere soltanto prescrittori.
⦿ ATTENZIONE!
Questo articolo è a compendio della
MONOGRAFIA sull’uso degli anticorpi monoclonali
nella trattamento dell’osteoartrite (OA) del cane e del gatto.
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Fonti Bibliografiche dell’intera monografia
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